Orbene è nota la pronuncia con cui la Cassazione (sentenza n. 17590 del 15.03-28.06.2019) ha affermato che: “In materia di separazione personale tra coniugi, la domanda di addebito della separazione può essere introdotta per la prima volta con la memoria integrativa di cui all’art. 709 c.p.c., comma 3, in ragione della natura bifasica del giudizio in cui alla finalità conciliativa propria del momento che trova svolgimento davanti al presidente del tribunale segue, nell’infruttuosità della prima, quello contenzioso dinanzi al giudice istruttore, introdotto in applicazione di un sistema di norme processuali che mutua, per contenuti e scansioni, le forme del giudizio ordinario da citazione, il tutto per un più ampio meccanismo segnato, nel passaggio tra la fase di conciliazione dei coniugi e quella contenziosa, da una progressiva formazione della vocatio in ius“.

Gli Ermellini hanno ricordato che la riforma del processo di separazione personale ha introdotto un modello bifasico, caratterizzato da un primo momento non contenzioso introdotto dal ricorso ex art. 706 c.p.c. contrassegnato dal tentativo di conciliazione esperito dal Presidente e da una seconda fase eventuale, cui si accede a seguito del fallimento del tentativo di conciliazione, contenziosa e a cognizione ordinaria, caratterizzata dalla contrapposizione delle pretese delle parti che troverà definizione dinanzi al giudice istruttore.

Da ciò deriverebbe il possibile interesse della parte di non avanzare domanda di addebito fin dalla prima fase, così da non compromettere eventuali possibili soluzioni consensuali alla crisi familiare.

La soluzione avrebbe anche un riferimento normativo: il contenuto della memoria da depositare avanti il giudice istruttore per l’introduzione della seconda fase è definito nell’art. 709 comma 3 c.p.c. con richiamo ai contenuti dell’atto di citazione (art. 163 c.p.c., comma 3, nn. 2, 3, 4, 5 e 6).

Da ciò discenderebbe, secondo la citata ordinanza, una vocatio in ius “a formazione progressiva” nel passaggio dall’una all’altra fase, che consentirebbe appunto la formulazione della domanda di addebito fino a quel momento non espressa.

Ritengo tuttavia debba essere evidenziato che tale pronuncia si pone in contrasto con un precedente consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui la proposizione della domanda di addebito nella memoria integrativa deve considerarsi domanda nuova inammissibile: si vedano ex plurimis: Cass. 30/03/2012 n. 5173; Cass. 07/12/2007 n. 25618; Cass. 16/05/2007 n. 11305.

A parere di chi scrive, quest’ultimo indirizzo giurisprudenziale è più aderente al dettato e allo spirito normativo.

Secondo gli artt. 709 comma 3 cpc e 4 comma 10 legge divorzio, con l’ordinanza che conclude l’udienza per i provvedimenti temporanei ed urgenti, il presidente assegna al ricorrente termine per il deposito in cancelleria di “memoria integrativa”. L’utilizzo di tale aggettivo fa chiaramente comprendere come la memoria non possa che considerarsi integrativa di quanto già enunciato nel ricorso.

Nei giudizi di separazione personale e di divorzio, il ricorso introduttivo e la memoria di costituzione rappresentano il limite entro il quale formulare domande di addebito, posto che, diversamente opinando, si introdurrebbe con le successive memorie autorizzate, nell’originario contenzioso, un nuovo ed inaccettabile tema di indagine.

La domanda di addebito è, infatti, certamente una domanda autonoma, avente una causa petendi (la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio in rapporto causale con le ragioni giustificatrici della separazione, l’intollerabilità della convivenza o la dannosità per la prole) ed un petitum (statuizione destinata ad incidere sui rapporti patrimoniali con la perdita del diritto al mantenimento e della qualità di erede riservatario e di erede legittimo) distinti da quelli della domanda di separazione.

Ne deriva che l’iniziativa di un coniuge di richiedere la dichiarazione di addebitabilità della separazione all’altro coniuge, non essendo, anche sotto l’aspetto procedimentale, mera deduzione difensiva o semplice sviluppo logico della contesa instaurata con la domanda di separazione, dovrebbe essere inserita, se presa dalla parte attrice, nell’atto introduttivo del giudizio, esorbitando dalla semplice emendatio libelli consentita in corso di causa, mentre, se presa dalla parte convenuta, dovrebbe rimanere soggetta ai tempi ed ai modi della riconvenzionale (Cass. Sezioni Unite 4 dicembre 2001, n. 15279; Cass. 8 febbraio 2006, n. 2818; Cass. 24 febbraio 2006, n. 4205).

La formulazione di nuova domanda di addebito, prima inespressa, appare ledere il diritto al pieno contraddittorio tra le parti e le esigenze di concentrazione e speditezza, le quali non tollerano, siccome espressione di istanze di ordine pubblico processuale, l’ampliamento successivo del thema decidendum (Cass. 10 dicembre 2004, n. 23127; Cass. 11 maggio 2005, n. 9875; Cass. 6 ottobre 2005, n. 19453; Cass. 27 luglio 2006, n. 17152).

Avv. Veronica Marchiori